PER UN NUOVO MODELLO AGRICOLO
L’AGRICOLTURA BIOLOGICA E BIODINAMICA
CONTRIBUTO 99 DELLA CARTA DI MILANO EXPO 2015
di Carlo Triarico
PREMESSA
Carta di Milano riconosce la funzione fondamentale dell’agricoltura, non solo per la produzione di cibo, ma anche per l’ambiente, il paesaggio, il territorio e la biodiversità. L’agricoltura imprime, infatti, un’impronta ampia sulla vita del Pianeta, con impatti positivi e negativi, persino con danni gravissimi e potenzialmente irreversibili. È noto quanto sia lontano l’obiettivo di fermare lo sterminio per fame in corso, con 805 milioni di esseri umani cui è impedito l’accesso a un sufficiente apporto nutrizionale, mentre un numero sempre maggiore di suoli agricoli va perso e un dissennato consumo di fonti energetiche non rinnovabili influenza i cambiamenti climatici. Lo stesso ruolo dell’agricoltura è messo in crisi dal degrado ambientale e sociale.
Per questo è urgente il dibattito su un nuovo modello agricolo, che tragga ispirazione dall’agricoltura biologica e biodinamica, dagli approcci agricoli sociali, ecologici e rigenerativi. Fu l’agricoltura biodinamica, negli anni Venti del Novecento, a porre per prima le condizioni per un nuovo paradigma in agricoltura. Per la prima volta buone pratiche agronomiche furono poste su solidi fondamenti epistemologici, con un approccio ecosistemico e sociale. La rinascita dell’agricoltura moderna, infatti, deve non solo garantire la produzione di alimenti adatti alla nutrizione nel Pianeta, ma anche generare indirettamente beni pubblici in forma di esternalità ambientali e sociali e portare effetti positivi di natura spirituale non immediatamente percepibili ai sensi.
Le pratiche agricole volte solo a uno sfruttamento produttivo stanno invece producendo esternalità negative. L’impoverimento dei paesaggi, l’omologazione dei prodotti, il consumo di fonti energetiche non rinnovabili, l’inquinamento di suolo, acqua e aria, la perdita di biodiversità, lo spopolamento delle campagne, la sottoccupazione agricola, la fine di una cultura e di una socialità rurali, l’aumento delle patologie d’origine alimentare sono tutti costi sociali e ambientali elevati, che non sono serviti ad assicurare al Pianeta una nutrizione adeguata.
Un nuovo modello agricolo deve correggere le distorsioni dell’attuale sistema, essere alternativo al processo di omologazione dell’agricoltura ed essere il risultato dell’inclusione e della condivisione dei diversi metodi agricoli ecologici e resilienti, da quelli tradizionali e locali, a quelli innovativi e transnazionali. Dalla convivenza di diversi approcci e culture si può generare un nuovo paradigma per l’agricoltura e per la nutrizione, capace di sostenere la Terra nei prossimi secoli.
DALL’AGRICOLTURA TRADIZIONALE ALLA BIOAGRICOLTURA
La fine del modello tradizionale e l’avvento del sistema industriale
Il modello agricolo europeo, che dal VI secolo ha recuperato e sostituito la tradizione agricola del mondo antico, si proponeva di replicare sulla Terra la perfezione che attribuiva al cosmo, considerato finito, con la realizzazione di organismi agricoli a ciclo chiuso. Ha avuto per questo il merito di configurarsi come sistema sociale della ruralità e non come mero sistema produttivo, ha però asservito il contadino ad essere “organo” con la funzione di dirigere il processo agricolo. Col disgregarsi del modello chiuso di agricoltura nel XIX secolo, il modello industriale è subentrato a svolgere una supplenza, che ha accelerato e portato agli esiti finali il processo storico di decadenza del modello tradizionale. L’azienda microcosmo è stata sezionata e dispersa in frammenti di monocolture specialistiche, immagine di un universo macchina.
Il processo agricolo industriale ha esteso il suo dominio su scala planetaria, ma ha preso in carico solo la sfera economica dell’agricoltura, declinandola in termini di attività produttiva primaria e ha trascurato le altre due sfere del sociale, quella culturale e quella giuridica.
Mentre il processo agricolo ha il suo principio nella natura da plasmare verso un ideale, il processo industriale ha la sua origine nello spirito, nelle idee da incarnare e concretizzare. Il sistema industriale risulta quindi estraneo e polare all’agricoltura e, come tale, incapace di sviluppare un modello agricolo. Ha alimentato, invece, un sistema che ha sottratto progressivamente all’agricoltura tutte le attività ambientali e sociali, che le sono connesse, e ha svuotato i campi dagli stessi agricoltori. Infine ha sottratto all’agricoltura persino le attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti, la disponibilità dei mezzi di produzione e della biodiversità agricola che le sono strettamente necessarie.
Dove l’agricoltura è stata assoggettata al processo industriale, ha visto tornare a sé solo una piccola parte della ricchezza generata. Peraltro gli agricoltori, che operano in un contesto così estraniato, raramente sono capaci di una cultura d’impresa sufficiente a consentirgli di sopravvivere nell’economia di mercato.
Il valore dell’agricoltura
Interpretare l’agricoltura attraverso il modello industriale induce a considerarla non efficiente.
Se si cade nell’errore di ritenere i patrimoni agricoli capitali produttivi, si deve concludere che l’agricoltura generi poco valore in rapporto ai capitali impiegati e, peggio, che per la gestione di questi esiga una quantità di lavoro eccessiva. In realtà occorre considerare che la valenza dei beni agricoli va ben oltre la produzione: il mondo agricolo è il custode del paesaggio e l’amministratore della socialità rurale. I patrimoni agricoli sono in realtà l’ambiente di residenza di una comunità, che li plasma e gestisce in modo efficiente ed economico, a vantaggio di tutti. È dunque sbagliato addebitare il paesaggio agricolo agli agricoltori come un qualsiasi capitale che generi valore. Gli agricoltori traggono un piccolo guadagno dalle materie prodotte, rispetto all’enorme patrimonio che curano.
Il sistema industriale applicato all’agricoltura fa affidamento sulla produzione di materie prime quale sola risorsa per generare ricchezza. Insegue l’obiettivo illusorio di una proporzione ragionevole tra patrimoni produttivi, merci prodotte e lavoro impiegato, mutuata dal modello industriale. Il patrimonio paesaggistico rurale non si è generato però per le merci e non può essere circoscritto in funzione di esse. Non potendo intervenire sul ridimensionamento dei patrimoni, l’agricoltura industriale ha cercato un pareggio massimizzando le rese per ettaro, standardizzando le merci, annichilendo il lavoro agricolo. La coazione ad aumentare le rese genera però una cronica sovrapproduzione, che mina l’economia del Pianeta ed è assorbita solo in piccola parte da una deliberata induzione allo spreco. La corsa alle rese prescinde dal valore nutrizionale delle derrate, genera spesso cibo che non è alimento, ma commodity, o spazzatura. La riduzione a merce del lavoro agricolo impone di farne economia e impoverisce le società rurali.
Lo spreco di cibo, la mancanza di nutrienti e la cronica sottoccupazione agricola non sono dunque elementi distorsivi, ma costitutivi dell’attuale sistema, la cui sussistenza è garantita prevalentemente da un dissennato consumo di fonti energetiche non rinnovabili.
La nascita di un nuovo modello dalla bioagricoltura
Un modello agricolo moderno deve trarre fondamento dall’agricoltura stessa, adottando tecniche agronomiche coerenti con l’identità del processo agricolo. Dovrà mirare all’emancipazione degli agricoltori dall’attuale asservimento al processo e prendere per sé l’obiettivo di concepire nuovi stili di vita e nuovi modelli sociali, che contribuiscano anche al rinnovamento della società urbana. Il nuovo modello dovrà mirare alla salute dell’ambiente e all’evoluzione dell’essere umano.
Sono questi gli intenti con cui l’agricoltura biodinamica ha lavorato, sin dai suoi esordi, non solo sulle pratiche agronomiche ecologiche, ma anche sulla dottrina sociale, proponendo un sistema economico e monetario solidale, una prospettiva giuridica garante di uguaglianza e una filosofia della libertà.
L’adozione delle pratiche ecologiche dell’agricoltura biologica e biodinamica costituisce una delle più rilevanti innovazioni del Ventesimo secolo. Per essere applicata su ampia scala è urgente che oggi si sviluppi un’azione di sistema e si operi con nuovi paradigmi. È urgente una riforma agraria declinata su scala planetaria, fondata sul riconoscimento, anche economico, dei compiti sociali e ambientali complessivi dell’agricoltura. Si dovrà dare valore all’opera degli agricoltori e sottrarre terre e beni agricoli all’inedia e alle speculazioni, per renderli disponibili alle comunità rurali sostenendo la cooperazione tra gli organismi agricoli.
AMBIENTE, SALUTE, NUTRIZIONE
Vitalità dei suoli versus inquinamento e cambiamenti climatici
Pratiche agronomiche dissennate stanno erodendo progressivamente i suoli fertili del Pianeta, provocando una progressiva desertificazione, mentre grandi quantità di carbonio organico si disperdono in anidride carbonica, con gravi impatti sul clima. L’inquinamento dell’ambiente, che costituisce una causa importante di patogenesi, è spesso provocato da principi attivi di sintesi, sparsi dissennatamente sui campi e affluiti nelle falde acquifere, nei suoli e da lì nelle catene alimentari. I siti gravemente inquinati dall’industria agrochimica, preclusi persino alla presenza umana, resteranno compromessi per tempi lunghissimi. L’applicazione delle pratiche agricole biologiche e biodinamiche eliminerebbe simili problematiche.
Occorre diffondere la capacità dell’agricoltura biologica e biodinamica di preservare la fertilità dei suoli e di aumentarla quantitativamente e qualitativamente. L’agricoltura biodinamica opera in particolare sulla qualità e sulle forme dell’humus, per migliorarle in modo originale fino a conferire una struttura nuova ai suoli. Un suolo vivente colloidale non è soggetto all’erosione, trattiene acqua, impedisce la percolazione di nitrati, sequestra carbonio in forma organica, garantisce la buona qualità degli alimenti, assicura la vitalità dell’ecosistema e lo rende reattivo agli impatti esterni. La diffusione su ampia scala di pratiche miglioratrici dei suoli, insieme a una gestione etica degli allevamenti animali, darebbe un contributo rimarchevole alla riduzione dell’inquinamento e al contrasto dei cambiamenti climatici.
La bioagricoltura custodisce salute e nutrizione
Salute e buona alimentazione sono connessi al modello agricolo. Occorre individuare indirizzi chiari per la salute dell’uomo in relazione alle pratiche agricole.
Tutti gli esseri viventi, che mangiano e sono mangiati, si sostengono reciprocamente ed entrano in stretta relazione nelle catene alimentari, grazie a un ciclico sacrificio di vite. La cultura alimentare, generata e assicurata storicamente dal mondo agricolo, ha rispettato questo sacrificio con la saggezza alimentare, la parsimonia e la sacralità del cibo, basi di una buona alimentazione. La nutrizione non ha solo una natura sostanziale, ma ha anche una natura sensoriale e una natura sovrasensibile. Ci nutriamo di quantità, ma anche di sapori, odori e idee, attraverso sottili apporti qualitativi. Il gusto e l’arte del cibo sono dunque parte della nutrizione.
La mancanza del valore nutrizionale del cibo e di una cultura alimentare uccide oggi le popolazioni povere per carenze e quelle ricche per eccessi. Saggi protocolli alimentari e sensate pratiche gastronomiche costituirebbero il primo atto per orientare l’agricoltura verso un nuovo modello. La riduzione del consumo di alimenti di origine animale, in favore della loro qualità, permetterebbe già oggi di nutrire il Pianeta senza uso di pesticidi e concimi di sintesi.
Da tempo le autorità politiche e scientifiche indicano nelle malattie provocate dal degrado ambientale e dall’alimentazione una delle principali cause di mortalità. L’alimentazione da agricoltura biologica e biodinamica esclude l’ingestione di sostanze di sintesi dannose e assicura un miglior valore nutrizionale agli alimenti. Occorre quindi trarre ispirazione dai recenti studi che hanno accertato l’influenza positiva degli alimenti biologici e biodinamici sulla salute.
AGRICOLTURA SOCIALE, ETICA, GIUSTIZIA
Il patrimonio indisponibile dell’agricoltura
Le risorse di cui dispone la bioagricoltura sono amministrate rispettando sia i diritti delle generazioni a noi lontane nel tempo, passate e future, sia i diritti dei lontani per collocazione, specie, genere, etnia, status sociale, condizioni fisiche, orientamenti e ideali. Un’agricoltura sana riconosce pari valore al contributo che donne e uomini sanno portargli.
L’agricoltore deve avere accesso alle risorse della terra e conservare il controllo dei mezzi che servono al suo lavoro. I semi, le varietà e le razze agricole, l’humus dei campi, il paesaggio sono il prodotto di secoli di lavoro e ricerca del mondo rurale e non possono essergli sottratti. Occorrono oggi nuovi statuti democratici a tutela di questo diritto. Il patrimonio di biodiversità naturale o agricola non deve divenire proprietà di soggetti o gruppi che ne inibiscano l’evoluzione e la libera diffusione, dopo averlo modificato geneticamente.
Il giusto prezzo
È indispensabile un giusto prezzo dei prodotti agricoli. Il giusto prezzo è quello che permette all’agricoltore di esprimere i propri talenti, assicurando dignità e legalità al lavoro. La remunerazione in agricoltura non dovrà pagare il lavoro svolto, ma sostenere l’essere umano nella sua facoltà di svolgere del lavoro in futuro. L’economia che non rimette all’agricoltore il giusto valore per la sua funzione, è destinata a uccidere. Su questo è urgente che sorga un’alleanza economica basata sulla solidarietà tra cittadini e contadini. Il mondo del commercio ha il compito di favorire questo rapporto, anche attraverso nuovi modelli solidali e partecipativi.
Le alleanze per costruire il futuro
Gli agricoltori sono stati per tradizione artefici dell’attività manifatturiera del mondo rurale. Per sua natura l’agricoltura opera in relazione solidale col mondo dell’artigianato, del commercio e dei servizi. Proprio un’economia solidale e partecipativa potrà migliorare le condizioni generali di vita e di lavoro.
Occorre evitare che risorse e terreni siano ancora sottratti all’agricoltura, in favore di processi estranei, come produzioni di biomasse o realizzazioni di impianti a fini energetici. Bisogna invece guardare con attenzione al mondo industriale che opera per uno sviluppo ecologico delle tecnologie, come a un importante alleato degli agricoltori.
Fare sistema
Nessun agricoltore, neanche se bravo imprenditore, può farcela da solo. Le politiche agricole devono sostenerlo, senza condizionarlo, per l’opera che svolge, soprattutto se sceglie di praticare un’agricoltura biologica e biodinamica a difesa dell’ambiente. L’arrivo di merci agricole da mercati lontani, costituisce spesso uno spreco di risorse, sostenuto da incentivi, accordi di scambio e trattati internazionali, che falsificano i costi reali e programmano artificialmente i flussi delle merci tra Stati. Questo avviene anche approfittando delle condizioni di sfruttamento dei lavoratori e della mancanza di diritti umani. Per altri versi la burocrazia divora spesso risorse enormi, gravando l’agricoltore di rituali ridondanti. Occorre un’azione di sistema che è compito della sfera giuridica istituzionale. La politica deve creare le condizioni sul territorio e dirigere i cambiamenti istituzionali come laboratorio per un sano rapporto tra città e campagna.
Una ricerca e una formazione partecipative
La tecnologia agraria è sorta molto prima del metodo scientifico, da una cultura sapienziale, che ha sfamato per migliaia di anni il mondo in modo sostenibile. Oggi che la cultura scientifica ha un ruolo guida, occorre che la ricerca origini anche dalle aspirazioni e dai bisogni degli agricoltori e sia partecipata, con pari dignità, dal mondo rurale. Il sapere contadino e quello accademico possono sostenersi reciprocamente: rinnovare le pratiche agricole e riformare gli approcci epistemologici.
Occorre dare ampio spazio alla ricerca in agricoltura biologica e biodinamica. Il mondo rurale ha prodotto un patrimonio di conoscenze immenso, che deve poter contribuire al dibattito sulla modernità per rispondere alle prospettive del futuro. La formazione professionale deve condividere con le culture agricole l’impulso fondamentale al cambiamento. Occorre un impegno straordinario perché i saperi rurali siano vitali e vengano trasmessi alle generazioni future.
L’INDIVIDUALITA’ AGRICOLA
Dall’azienda tradizionale a quella industriale
L’azienda agricola è l’erede delle realtà agricole storiche, diversificate per tipologie locali e rette da un armonico rapporto del territorio con le coltivazioni e gli allevamenti. Oggi l’equilibrio di biodiversità e di saggia gestione delle risorse agricole è stato in gran parte spezzato, il patrimonio rurale storico è abbandonato o sottratto all’agricoltura. Le aziende agricole industriali sono spesso monocolture svuotate dalla presenza umana. Gli allevamenti ammassano al chiuso animali nutriti da mangimi importati depredando l’altra parte del mondo, accumulando in loco letame inutilizzato, che diviene inquinante. Le agricolture contadine, familiari, tradizionali e organiche sussistono invece ancora quale prima fonte alimentare del Pianeta e presidio sul territorio.
Criteri moderni per le nuove realtà agricole
Un nuovo impulso deve fondare le realtà agricole per rispondere pienamente alle esigenze del presente orientato dal futuro. Una realtà agricola biologica e biodinamica è un organismo nato dall’aspirazione a un assetto armonico e a un rapporto empatico con il mondo intorno. L’organismo agricolo si forma dunque a partire da un elemento sovrasensibile. È questa aspirazione a conferire la conformazione generale dell’organismo e a portarlo a dotarsi degli organi adatti alle sue funzioni.
È importante che ci sia equilibrio negli spazi fisici. Occorre quindi fondare una nuova architettura rurale, organico vivente, per avere strutture e volumi coerenti al nuovo modello agricolo. Un insediamento rurale organico possiede una periferia e un centro. Ha abitazioni, luoghi per la vita comune e spazi per le attività multifunzionali: l’accoglienza turistica, la vita culturale, la didattica, la cura degli anziani e dei disabili, ecc.. I magazzini, i luoghi di trasformazione e vendita indicano la propensione dell’organismo agricolo a gestire la filiera. Il numero degli animali è proporzionato al suolo che li nutre. La varietà di specie occupa le nicchie alimentari che l’organismo agricolo può offrire, perché nulla vada sprecato. Una stabulazione e un pascolo adeguati sono alla base del benessere animale. Una stazione di compostaggio del letame e di allestimento dei preparati biodinamici favorisce la formazione dell’humus e la genesi della fertilità dei suoli. Il processo agricolo in sé stesso, al contrario di quello industriale, non genera rifiuti e ricicla ogni sostanza.
Paesaggi
Il paesaggio della bioagricoltura ha un ritmo armonico di campi, siepi, fossi e stagni. I boschi e le aree naturali non sono tare ma parte dell’organismo. Le colture stagionali sono diversificate e si applicano rotazioni e consociazioni. Ci sono aree per i seminativi e i pascoli in rotazione, orti con colture alternate, frutteti inerbiti e consociati con altre essenze vegetali. Non si usano le sementi trattate e conciate sinteticamente, né quelle OGM. Le lavorazioni del suolo sono eseguite con macchine leggere ed energeticamente poco dispendiose, poiché le lavorazioni dolci favoriscono la vitalità. La struttura del paesaggio agricolo è improntata all’efficienza, ma tenendo conto delle ricadute in un’ottica temporale dilatata e sapendo che l’equilibrio tra le parti di un organismo rurale rende, a lungo termine, molto più dello sfruttamento dissennato delle risorse.
L’individualità agricola
Portare l’organismo agricolo a divenire un’individualità è un compito fondamentale per l’agricoltura moderna. L’organismo agricolo, reso originale e irripetibile, tendenzialmente individuale e a ciclo chiuso, sarà la base del modello agricolo del futuro. Un organismo dotato di un’identità propria, vedrà l’emancipazione dell’agricoltore su cui oggi grava di essere egli stesso l’io aziendale, un centro di comando da cui emanano gli input ma, come tale, “organo” vincolato al processo. Una individualità agricola, così come definita nel Convegno di agricoltura di Kobervitz, nel 1924, agisce con impulsi generati a partire dall’organizzazione dell’estrema periferia, il suolo fertile umificato e strutturato in modo originale. Il suolo vivente è, per l’organismo agricolo, quello che per l’uomo è il sistema neurosensoriale, ne costituisce anche un diaframma per il ritmo. La sua componente fondamentale, l’humus agricolo, è il risultato storico di un lavoro antropico, che ha elevato l’humus naturale verso forme più efficaci. Ciascun popolo gli ha conferito caratteristiche identitarie etniche. Oggi è possibile continuare l’evoluzione dell’humus agricolo, verso un humus moderno individuale, emancipato dai vincoli di appartenenza all’etnia, che abbia forma più evoluta e un’identità unica e irripetibile in ciascun organismo.
A partire dalla originale unicità di ciascun organismo agricolo potranno formarsi comunità rurali d’elezione, costituite liberamente intorno alle comunanze e basate sulla solidarietà economica, sulla libertà spirituale e sull’uguaglianza giuridica. Una comunità agricola organica potrà contenere le diverse individualità agricole e portarle a mettere in comune mezzi di produzione, risorse, servizi e infrastrutture, così che possano formare un organismo collettivo a ciclo chiuso.
La bioagricoltura a servizio della Terra
Occorre oggi improntare l’agricoltura alle pratiche agricole d’eccellenza, volte all’innovazione e ai sani equilibri nella natura e nella società. Esempi come quelli dell’agricoltura biologica e biodinamica devono essere di sostegno agli agricoltori, per elevare tutto il sistema e superare limiti ormai insostenibili. Occorre una collaborazione per riscrivere nella pratica i capisaldi di un nuovo modello agricolo ecologico, sociale e umano. C’è bisogno della partecipazione attiva degli agricoltori e di una grande convergenza di idee e azioni, per declinare in modo esemplare una nuova coesistenza sociale. Nel mondo agricolo si vedono i segni di un cambiamento che occorre cogliere. È un fermento, un lievito di grande qualità. Ma ciò avverrà se sarà riconosciuta la pari dignità del mondo rurale, se cesserà la discriminazione dei saperi e si chiamerà a raccolta il mondo dell’agricoltura per soccorrere il Pianeta. Davanti ai processi di distruzione in corso, un mondo tramonta. Alcuni semi per la vita possono essere generati proprio dall’agricoltura e consegnati al futuro che sorge.
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